A.C. 1759
Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, questo decreto-legge è il tredicesimo da undici anni a questa parte, a testimonianza dell'importanza strategica dello stabilimento di Taranto. Nasce, almeno nelle intenzioni del Governo, con l'obiettivo di determinare la continuità produttiva dello stabilimento di Taranto, di tutelare, quindi, non soltanto la produzione ma anche le lavoratrici, i lavoratori, l'indotto, l'ambiente e la salute dei cittadini. Questi obiettivi hanno e avranno sempre il pieno sostegno del Partito Democratico. Il problema però è che nell'ultimo anno e mezzo abbiamo assistito agli effetti di un pessimo combinato disposto, quello formato dal progressivo disimpegno di ArcelorMittal, che a Taranto ha quasi del tutto rallentato, fino a fermarsi, mentre in altre realtà, all'estero, ha corso, e dalla linea ondivaga di questo Governo con due diverse linee. Da una parte, c'è la linea del Ministro Urso di sostanziale incapacità di incidere rispetto all'effettivo impegno di ArcelorMittal per il rilancio dello stabilimento di Taranto e, dall'altra, c'è quella del Ministro Fitto che, lo scorso maggio, ha avviato con il socio privato una trattativa che non ha portato a nulla se non a un memorandum, sottoscritto a settembre, di cui non abbiamo mai conosciuto termini e condizioni, nonostante le nostre ripetute richieste con interrogazioni e interpellanze in sede parlamentare.
Ad accomunare queste due linee, cioè la linea disastrosa di ArcelorMittal e quella ondivaga del Governo, è il fatto di aver prodotto, in questo periodo, solo ritardi, incertezze, decreti di corto respiro, miopi, incapaci di affrontare le problematiche di natura produttiva, ambientale, sanitaria e occupazionale che riguardano Acciaierie d'Italia. Ciò vale per il decreto di cui stiamo discutendo, che poi non è solo un decreto ma ha visto confluire, nello stesso testo, due decreti. Dal 18 gennaio, poi, si sono susseguiti non solamente questi due decreti ma anche un terzo decreto, quello che fa riferimento al PNRR, che è stato approvato sabato 2 marzo, che prevede ulteriori finanziamenti. Ciò a dimostrazione del fatto che tutto questo sta avvenendo con una linea troppo ondivaga, con troppa improvvisazione, con troppi aggiustamenti di volta in volta, esattamente il contrario di quello di cui avremmo bisogno. Anche i 320 milioni di prestito ponte stanziati dal decreto sono assolutamente insufficienti, così come non è abbastanza forte l'azione sul versante degli ammortizzatori sociali e sulle misure a sostegno delle imprese dell'indotto.
Al Senato ci siamo presentati con una linea emendativa focalizzata su due direttrici: la prima è imperniata su un percorso alternativo a quello delineato nei provvedimenti d'urgenza, che ha al centro il cambio della governance di Acciaierie d'Italia attraverso la temporanea acquisizione del controllo della maggioranza del capitale da parte di Invitalia e la successiva cessione ad un nuovo socio privato; la seconda linea direttrice prevede modifiche e integrazioni alla procedura di amministrazione straordinaria. Riteniamo positiva l'approvazione di alcuni dei nostri emendamenti, in particolare di un emendamento che consente di utilizzare parte degli avanzi vincolati di amministrazione della regione Puglia per sostenere le imprese dell'indotto, un fatto importante, che consentirà di sbloccare quelle risorse, di soddisfare i crediti. Significa rassicurare la continuità produttiva e, in alcuni casi, la stessa sopravvivenza delle aziende, oltre che permettere, finalmente, a lavoratrici e lavoratori, che sono in attesa da tanti mesi, di ricevere le loro retribuzioni. L'altro su cui abbiamo insistito è quello che ha introdotto l'obbligo per il commissario di redigere e comunicare al Ministero, entro sei mesi dal provvedimento di ammissione dell'amministrazione straordinaria, un vero e proprio piano industriale. Abbiamo offerto un contributo dall'opposizione. Alcuni nostri emendamenti sono stati accolti, altri non sono stati accolti e, per questa ragione, al Senato il voto è stato di astensione sia in Commissione sia in Aula.
Ci siamo presentati alla Camera con lo stesso spirito e, alla luce del fatto che non è stato ancora possibile correggere ulteriormente il provvedimento attraverso l'accoglimento di tutte le proposte emendative presentate al Senato, in particolare riguardo alle tematiche per noi assolutamente centrali e cruciali dell'ambiente, abbiamo presentato un nuovo numero significativo di proposte anche alla Camera, con l'impegno del capogruppo Peluffo, con il lavoro dei nostri parlamentari, che voglio ringraziare, Pagano, Stefanazzi, Lacarra, con lo spirito, l'impegno e il lavoro unito di tutto il gruppo Partito Democratico. Abbiamo evidenziato che una parte di queste proposte riguarda l'indotto e le imprese fornitrici di Acciaierie d'Italia nonché l'accesso al credito di queste imprese, proposte che non sono state accolte in quella brevissima discussione in Commissione che ha visto il parere contrario del Governo su tutte le proposte emendative presentate. Per questa ragione, il nostro voto in X Commissione non è potuto essere che un voto di astensione.
In estrema sintesi e in conclusione di questo intervento, avremo modo di approfondire ulteriormente nella discussione del provvedimento in Aula, nelle successive fasi dell'iter, la questione che abbiamo a cuore in questo momento, cioè segnalare due punti in particolare su cui, a nostro avviso, è assolutamente fondamentale che questo provvedimento offra una risposta chiara. Il primo è la questione dei creditori dell'indotto, che devono essere pagati subito perché devono pagare i contributi entro la metà del mese di marzo e hanno crediti per più di 130 milioni di euro. È una questione che non può essere ignorata, che non può essere rinviata, la risposta deve essere chiara e deve essere immediata e deve essere nell'ambito di questo provvedimento.
La seconda questione riguarda il piano di decarbonizzazione, che deve essere parte integrante del piano industriale. Non ci può essere un'altra soluzione. Fare avanzamenti sul piano industriale, senza tenere conto del piano di decarbonizzazione, significherebbe rimettere la città e le persone di fronte a quell'ignobile ricatto tra posto di lavoro e ambiente sano dove vivere, che dobbiamo mettere alle spalle e non nel futuro di questa vicenda.
Quindi, noi chiediamo che, anche sul fatto che, nell'ambito del piano industriale, il piano di decarbonizzazione sia considerato parte integrante, questo provvedimento si esprima chiaramente.